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domenica 13 gennaio 2013

THE MASTER (2012) by Paul Thomas Anderson

 
Presentato alla 69° edizione del Festival del Cinema di Venezia, “The Master” è finalmente uscito a Gennaio 2013 nelle sale italiane.
Finora coloro che non lo avevano visto in anteprima a Venezia avevano accettato l'idea generale che il contenuto della trama si sviluppasse intorno alla figura di Ron Hubbard, il fondatore di Scientology. Contrariamente, Anderson usa questo contesto solo per mostrare ciò che più gli interessa: la complessità della psiche e dei rapporti umani.
Il quadro ha come sfondo gli albori della America Moderna, dove il giovane marinaio Freddie Quell vaga come un cane randagio, portandosi dietro le ferite – esteriori e interiori – che la guerra gli ha provocato.
Il suo volto è scalfito, il suo passo è claudicante, la sua mente toccata dalla pazzia, dove la violenza è l'unico modo di comunicazione con gli altri esseri umani. Siamo nell'America post-bellica, ma il ritratto di Freddie assume le forme di un povero errante durante il Medioevo.
Per caso si imbatte in Lancaster Dodd, ideatore e Maestro di una nuova forma di auto-medicazione delle menti, una sorta di spiritualità fatta in casa, dove ipnosi e discesa nell'inconscio sono i mezzi per portare alla luce ed espurgare tutti i mali incatenati da secoli durante le varie reincarnazioni.
Il Maestro, dotato di una speciale capacità di fascinazione, si interessa parimenti a Freddie, prendendolo sotto la sua ala protettiva e facendone diventare il suo Allievo.
Pervaso di un angosciante disagio, dovuto principalmente alla lacerante performance di Joaquin Phoenix, “The Master” illustra tutta la complessità dei rapporti umani, tra maestri ed alunni, padri e figli, mariti e mogli, indicando quanto crudele può essere il mondo se non si dispone di un proprio fermo pensiero.
Il venditore di religione è il gigionesco, magistrale e immenso Philip Seymour Hoffman, magnetico con i deboli e debole con la più forte, incisiva, moglie interpretata da Amy Adams, la quale aggiunge una straordinaria durezza e ambiguità al suo dolce volto di bambola.

Paul Thomas Anderson confeziona un'opera spledida, dura e difficile, che finora ha diviso pubblico e critica.
Aspettando il responso – non sempre corretto – dell'Accademy, auguro
Buona Visione