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domenica 30 ottobre 2011

PAURA D'AMARE - FRANKIE AND JOHNNY - 1991 - by Garry Marshall)

Film piacevole, trama che si sviluppa rimanendo sempre sulla sottile frontiera che separa commedia e dramma, attori in parte.

Da una parte Michelle Pfeiffer nel ruolo di una cameriera disillusa e dall’altra Al Pacino in veste di un cuoco ex-galeotto dal cuore d’oro, desideroso solo di essere accettato nuovamente in un mondo nel quale aveva cessato per un tempo di fare parte. I due si trovano e si scontrano, si corteggiano, si lasciano e si riprendono come in una classica commedia delle schermaglie tipica degli anni 40. Ma il contorno di questo piatto è tutt’altro che gradevole. Il film non concede realmente al pubblico un lieto fine, ma una accettazione al fatto che tutti, nel nostro piccolo, abbiamo un dramma che dobbiamo affrontare, dolore che non possiamo far altro che condividere per rendere la pena della lacerazione meno intensa. Ogni personaggio soffre e ogni personaggio trova un modo per sfuggire la realtà, per rifugiarsi dai colpi che la vita ci infligge. La lotta che Johnny (Al Pacino) combatte con Frankie (M. Pfeiffer) altro non è che un modo per salvarla dalla sua sofferenza, per far riemergere il gioioso guizzo della vita che sembra  spento ma è in realtà selvaggiamente racchiuso dell'anima della ragazza. E’ una dura lotta che non termina alla fine del film, ma che si suppone debba durare ancora forse per tutto il proseguimento della loro esistenza. Tutto questo altro non è che un riflesso di ciò che combattiamo ogni giorno, tutti i mali interni che vorremmo espellere e che purtroppo rimangono incatenati all'interno del nostro essere. Fanno parte di noi, come la bocca e gli occhi, le mani e i piedi, e modellano il nostro carattere, rendendoci quello che siamo anche se non lo vorremmo.

Il dramma di Frankie è che è stata più volte tradita, colpita e illusa dagli uomini che le hanno tolto il più grande potere esistente nel corpo della donna, quello che ci distingue dall'altro sesso e che può farci diventare "divine" per un attimo: il potere della maternità.

Concepire per una donna è l'atto più importante di tutta la sua vita. E' inspiegabile, terribile e bellissimo. E' un battito che prende forma dentro di te. Un guizzo di vita che corre nel tuo sangue.

Non potrò mai comprenderlo fino in fondo. Posso solo immaginarlo spingendo la mia fervida fantasia aldilà del sogno, aldilà dei discorsi fatti, aldilà della letteratura e delle sceneggiature.

In questo mondo misogino e maschilista non si è mai compreso che la "più grande beffa" (parafrasando "I soliti sospetti") che l'uomo potesse fare è far credere che la donna fosse il sesso debole. Non lo è.

La donna è forte perché deve combattere molte più battaglie di un uomo. Ella sarà sempre discriminata: che sia incinta, che non possa procreare, che abbia figli o non ne abbia. Sarà sempre lei la spiegazione e la causa del problema.

Ebbene sì, lo ammetto, sono una femminista convinta.

Ma per fortuna nel film c'è Al Pacino che con tutto il suo bisogno di amore tenterà di salvare Michelle Pfeiffer, regalandole una rosa coltivata in cucina dove il gambo è un pezzo di sedano e il bocciolo è una patata tagliata ad arte.

Buona visione.




domenica 16 ottobre 2011

TRUFFAUT MON AMOUR

Rivedere un film di François Truffaut è sempre fonte di forte emozione. In un attimo comprendi perché ti sei innamorata dei suoi film durante un pomeriggio autunnale del 1996.
Avevo 23 anni e stavo guardando “Effetto Notte”.


C'è qualcosa di magico nei film che rappresentano il cinema stesso. A 12 anni mi innamorai di Gene Kelly che ballava sotto la pioggia perché aveva trovato il modo di salvare il film che stava girando, e di Buster Keaton che faceva il proiezionista e che si intrufolava all'interno dei film che proiettava.
Non mi sono purtroppo innamorata di Mastroianni in crisi che non sa cosa fare della pellicola che deve girare. Ci ho provato, diverse volte, invano. Forse non sono mai riuscita a capire Fellini e il suo 8 e ½. Non me ne volete


François Truffaut era un uomo straordinario. Un solitario che amava la compagnia, un ribelle travestito da borghese, un rivoluzionario e un profondo conservatore, un essere tormentato con l'aria da persona quieta e tranquilla. Truffaut era tutto e il suo contrario. Non è sufficiente la visione completa della sua filmografia; occorre trovare i libri scritti da e su di lui per far sì che la visione d'insieme del suo cinema acquisti un'immagine completamente differente. Si apprezza maggiormente un'opera quando si conosce che cosa c'è dietro. E anche in questo caso non si finisce mai di imparare, di scoprire cose nuove, diverse, il che è ancora più stimolante.


Qualche anno fa ho partecipato ad un incontro, una tavola rotonda su François Truffat, diretta da un gruppo di critici perlopiù francesi. I cugini d'Oltralpe hanno una strana maniera di trattare le opere. Le sezionano come rane in un laboratorio di anatomia. Era come se sul tavolo non ci fossero libri o dvd, ma Truffaut in persona. Era come se il tavolo altro non fosse che un banco della sala operatoria, con i chirurghi travestiti da critici. Non ho gradito molto questo genere di approccio all'opera di Truffaut. Se avessi studiato all'Università sicuramente non avrei scelto medicina


In ogni caso riprendere in mano un libro su Truffaut o rivedere un suo film è come ritrovare un amico dopo anni e intrecciare nuovamente con lui un rapporto d'intesa immediata, come se neanche un giorno fosse passato. E' stupendo, non accade sempre. Talvolta ci imbattiamo nuovamente in film di cui ci chiediamo come abbiamo fatto a suo tempo a parlarne bene. Altrettanto facciamo con pellicole che abbiamo disdegnato e che poi troviamo perfette (è un po' il caso “Fight Club” che non vedi perché pensi che sia orrendo, che non sia il tuo tipo di film, e quando lo hai visto non riesci più a farne a meno. Una droga)


I suoi film sono divertenti, tristi, irriverenti. Truffaut aveva uno strano modo di fare cinema, adottava uno stile talmente personale che lo rendeva unico, in ogni caso, nel bene e nel male. Amava un libro, un accadimento reale lo colpiva e ne traeva spunto per il soggetto di un nuovo film. A volta riusciva bene, a volte meno, così intriso nella sua soggettiva di regista. Era lui, aiutato solo da qualche collaboratore stretto e fidato che lo conosceva alla perfezione. Non voleva altri tipi di condizionamenti. A volte cambiava il soggetto in corso d'opera per un'idea che gli sembrava ancora migliore. Quando accadeva non deflorava la sua idea il giorno successivo ma la lasciava maturare per poi renderla pubblica. Questo era Truffaut, almeno in parte. Se non fosse morto prematuramente il 21 ottobre del 1984 probabilmente mi sarei trasferita in Francia.


Prendete il dvd di Effetto Notte (finalmente lo hanno edito in DVD, io ho una copia inglese acquistata on-line circa 4 anni fa) e guardatelo bene. E' un piccolo gioiello, divertente, vitale, che esprime alla perfezione quanto Truffaut amasse il cinema, quanto dovesse al cinema. E' un omaggio a questa grande arte dal regista più passionale che sia mai esistito





Buona visione