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martedì 22 marzo 2011

FIGHT CLUB - PRIMA PARTE


Mi vergogno, si,mi vergogno di ammettere che non ho mai visto Fight Club prima di ottobre 2010.
E' il mio pregiudizio che ha preso il sopravvento in questi 11 anni di distanza dalla sua prima uscita cinematografica e che mi ha bloccato la visione. Forse lo stesso generale pregiudizio che nella sua puerile debolezza e inconsistenza ne ha ritardato il successo in sala, largamente sconfitto dalla successiva riscoperta in VHS e DVD
Il pregiudizio...il pensiero che un pezzo di sapone composto da grassi umani potesse sconvolgermi, che tutto ruotasse intorno a un prodotto della liposuzione, un parallelepipedo rosa che inondava la mia mente. E poi Brad Pitt. Mi dispiace, ma non mi piace Brad Pitt. Mi rendo perfettamente conto che anche in questo caso è arrivato il pregiudizio relativo all'etichetta di “cult movie”, etichetta tanto detestata perché a mio avviso senza significato specifico. Un pretesto, un modo per assegnare ancora più merito ad una movie star di primo grido o ad un regista che si è visto sfuggire gli onori e le glorie su un film in cui hanno scucito milioni e non sono arrivati i guadagni.
Avevo lasciato da parte il resto. Il regista David Fincher in primis, che ha saputo scoprire un romanzo e trarne un'opera cinematografica di primo livello, di una perfetta e terrificante attualità, tanto da prevedere con lucido cinismo il crollo di grattacieli per mano di terroristi con due anni di anticipo...
La sceneggiatura, colonna portante di Fight Club, mi ha letteralmente stregato. Un tourbillon di parole, un vortice che ti ingoia avido e al tempo stesso una musica che non mi stancherò mai di ascoltare.
Ed Edward Norton, la ragione per cui infine, in uno stanco sabato sera, mi sono decisa a vedere il film.
Per 11 lunghi anni non mi sono resa stupidamente conto che il pezzo di sapone che troneggia ogni volta che ricordiamo Fight Club altro non fosse altro che un Mc Guffin hitchockiano. Un falso, un oggetto esca, un riflesso, quando il vero film sta assolutamente altrove.
E allora realizzi che il parallelepipedo rosa è come la bottiglia di vino e la chiave della cantina in “Notorius” o la valigia piena di soldi in “Psyco”. Un elemento, una trovata, nel mio caso deviante per la visione, che perde la sua importanza una volta compreso il gioco.
Ed ecco il crollo delle convinzioni, quelle convinzioni che fanno traballare le nostre fragili certezze una volta messe in discussione.
Fight Club, 3 fattori dominanti: regia, sceneggiatura ed Edward Norton.
L'intellettuale bostoniano dalla doppia faccia, il colletto bianco con la faccia sporca di sangue, il bravo ragazzo che gioca con il suo lato oscuro. Norton si diverte ad incarnare personaggi dalla doppia personalità.
Eppure in Fight Club Norton gioca al doppio rimanendo singolo e questo, debbo dire, grazie a Brad Pitt.
Norton non è mai stato tanto bravo, tanto sottile nella sua recitazione, immerso totalmente in quello che è il personaggio più adatto alla sua fisicità. Può cambiare ogni volta voce, struttura fisica, allure, ma è in questa rappresentazione, mai tanto astratta e mai tanto vicina alla realtà, che è esploso, che ha mostrato tutto il suo valore. Norton è la vera sostanza della recitazione.
Protagonista assoluto del film, nel “doppio” (o triplo?) ruolo di attore e voce narrante, nuova generazione dei grandi attori ma figlio di nessuno. Una recitazione che non trova paragone in altrei precedenti e in questo sancisce la sua forza e la sua pura unicità.
Sarebbe troppo facile definirlo “uno, nessuno e centomila”, il “camaleonte” giovane. Norton è Norton e basta. Il voluto annullamento di personalità del personaggio nel film non è che la costruzione di una identità da parte di un attore capace di trasmettere oltre che di recitare, qualità di valore ben maggiore e di difficile raggiungimento.
Amiamo Edward Norton non perché è Edward Norton, ma perché è perfettamente capace di trascinarci in qualsiasi storia che stia interpretando, di inebriarci e di farci provare sensazioni di inadeguatezza, emozioni, paure, totale empatia verso una galleria di personaggi, per la maggior parte scomodi e ambigui.

Ritornerò in futuro sulle prestazioni di Mr. Norton, ricordando solo un attimo che questo magnifico attore ha raramente interpretato ruoli di commedia, pur avendo un tempo comico perfetto, come scoperto inizialmente da Woody Allen per “Tutti dicono I love you” e poi riconfermato nell'unico film da regista di Norton “Tentazioni d'Amore”.

Ritornerò ovviamente anche su Fight Club, perché per descrivere Fight Club non basta una volta. Ne occorrono diverse per poter arrivare alla conclusione, per poter comprendere tutti i momenti del film, per poter svuotare tutti i pensieri che la visione continua a produrre. In italiano, in lingua originale, con sottotitoli, senza sottotitoli, muto.
Tutto cambia in base allo stato d'animo, al luogo, all'ora. Tutto muta, tutto è traballante e vago.
E allora aspettiamo un altro sabato sera, per un altro Fight Club

sabato 19 marzo 2011

MIO CUGINO VINCENZO

"Mio cugino Vincenzo" (My cousin Vinny - Jonathan Lynn - 1992) è una piccola, frizzante commedia degli equivoci con un vulcanico e quantomai scatenato Joe Pesci.
La storia è semplice: due amici partono in vacanza e si ritrovano ad essere incolpati di un omicidio perché scambiati per i criminali. Il neo laureato in avvocatura, nonché cugino Vincenzo, accorrerà in loro aiuto anche grazie alla collaborazione della sua fidanzata.
Se non lo avete visto, vi assicuro che ne vale la pena. Joe Pesci ovviamente ne combina di tutti i colori e Marisa Tomei - vincitrice per questa interpretazione di un inaspettato premio Oscar - è bravissima a fargli da spalla e a controbattere alla inarrestabile loquacità del protagonista. 
Nella parte di uno dei ragazzi c'è Ralph Macchio, idolo adolescenziale della nostra generazione per la sua interpretazione di "Karate Kid". Ovviamente, come contestatrice, non ho mai preso in considerazione detto film e non mi sono mai persa dietro a Macchio. In "Mio cugino Vincenzo" il giovane attore comunque è credibile e simpatico, con la sua faccia da bravo ragazzo.
In questo periodo di film spettacolari, basati principalmente sulla forza dell'immagine, è bello poter assaporare una pellicola fatta principalmente di parole e recitazione. La sceneggiatura ritorna regina per un giorno e finalmente possiamo concedere anche alle orecchie di incamerare qualcosa di straordinario.
Si trovano sempre più raramente occasioni come questa. E' bello poterla scoprire, se non conosciuta

Buona visione e buon ascolto